Il segreto di Ida


Dentro l'anima (romanzo pubblicato Aprile 2019)

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  1. Ida59
     
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    Si avvicinò seria in viso, la runa Algiz stretta in una mano e un pesante libro nell’altra; posò il tomo sull’altare e lo aprì mostrando la scritta sotto l’antica illustrazione: “Algiz accresce il potere magico e aumenta la forza protettiva respingendo quelle ostili; può difendere dai nemici, basta creare uno spazio magico in cui la scintilla che brilla nell’uomo che ha sacrificato se stesso possa manifestare il suo potere”.
    Xeymus sollevò ironico un sopracciglio: non riusciva a riconoscersi in quelle esaltate parole!
    Nimue, però, aveva chiuso gli occhi e si stava concentrando, il viso serissimo sul quale era facile leggere lo strenuo sforzo.
    Per alcuni istanti non accadde nulla, poi apparvero tremolanti nell’aria grandi scudi evanescenti che si strinsero avvolgendoli ai lati e sopra; sugli scudi pulsanti, Algiz era incisa in rossi caratteri fiammeggianti che rischiararono la notte proprio come nell’illustrazione.
    Lentamente, gli scudi svanirono e solo i fiammanti caratteri runici rimasero sospesi nell’aria, protettiva catena di fuoco rosso che pian piano diminuì d’intensità: si sfaldarono in piccole scintille, adagiandosi al suolo, e continuarono a diffondere un tenue lucore rossastro.
    [...]
    Con la punta delle dita sfiorò il liquido purificante e si riflesse sulla superficie tremolante illuminata dalla luna appena sorta; quando le piccole onde concentriche si esaurirono, un volto pallido, dagli ardenti occhi neri, si ricompose e lo fissò immobile, la tensione palpabile nei lineamenti spigolosi.
    Era infine giunto il momento di mettere a nudo la propria anima.
    Puntò la bacchetta al petto, sul cuore, e fece un lungo e intenso respiro; poi, quasi trascinasse un filo invisibile, portò la punta alla fronte, che percorse con lentezza da una tempia fino all’altra, per tornare infine in mezzo agli occhi, alla radice del naso, emettendo un nuovo, profondo respiro mentre fissava la notte davanti a sé.
    Gli occhi neri di Xeymus rimasero sbarrati per un istante interminabile, senza neppure un battito di ciglia; quindi mosse la bacchetta, la punta rivolta in alto, e la fece roteare veloce nell’aria creando un vortice dal quale cominciarono a emergere immagini confuse e sfocate.
    [...]
    Ogni altra luce era spenta, anche quella delle rune incise sulla spirale di pietre intorno a loro.
    Solo Algiz e Gebo pulsavano ancora debolmente sull’altare, come il respiro lieve di un bambino, protette dai candidi petali della Platonia.
    Poi, un intenso bagliore si riaccese nei petali sulle due pietre e in quelli posti sul cuore dei tre esseri umani che stavano coraggiosamente lottando uniti contro l’oscurità.
    Dai bracieri si alzò il rombo di tuono delle fiamme che si levarono alte nel cerchio arroventando l’atmosfera nera della notte, prima di spegnersi di colpo in un silenzio di nuovo denso di tenebre, sempre più opprimente, rotto solo dal battito accelerato dei tre cuori.
    Trascorse un istante di buio infinito: le dita di Ravi si serrarono sulle braccia dei maghi che si strinsero forte la mano.
    Infine le bacchette vibrarono, travolte dall’energia magica che le percorreva e uscì impetuosa lacerando l’aria con una sibilante frustata.
    Da un punto imprecisato del terreno, una piccola scintilla si accese e un minuscolo punto luminoso si sollevò nell’aria con un fischio sottile lasciandosi alle spalle una flebile traccia luccicante.
    Un fugace istante, e un’altra favilla prese vita nel nero della notte staccandosi dal terreno, e poi un’altra, e un’altra ancora, e ancora, a intervalli sempre più brevi, quale brace incandescente che riprende vita crepitando. I piccoli fuochi salirono verso l’alto, sempre più numerosi e scintillanti, mentre nuovi raggi, via via più vividi, nascevano dalle rune disseminate sul terreno, lapilli che schizzavano verso il cielo in un’impressionante eruzione e circondavano i tre esseri, sempre saldamente uniti tra loro, i petali della Platonia che risplendevano sui loro cuori.
    I minuscoli frammenti di luce si congiunsero infine in una grande sfera, sempre più sfolgorante, le scie che lentamente svanivano nel nero del nulla che li circondava.
     
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