Il segreto di Ida

Dentro l'anima (romanzo pubblicato Aprile 2019)

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    Segnalazione del romanzo Dentro l'anima sul n. 7 della Rivista letteraria Riscontri
    nella sezione FANTASTICO (NARRATIVA E SAGGI)



    CITAZIONE

    Ida DANERI ci catapulta nel magico Ottocento irlandese, sulle tracce
    – rigorosamente oltre il tempo e lo spazio – di un singolare, perplesso stregone.


     
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    Pag. 230 e l'incantata nebbia dei druidi.

     
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    . Sembra che da allora Merlino non abbia più avuto pace: seguendo l’esiguo filamento di magia celato nel vaso, ha cercato e ritrovato frammenti d’informazioni inseriti in altre iscrizioni ed epigrafi greche ed è riuscito a scoprire l’ingresso della valle, lassù nella grotta da cui voi stesso siete arrivato. (Pag. 135)

     
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    Altra segnlazione per Dentro l'anima proveniente da The dirty club of books
    Sulla loro pagina Facebook e sul profilo Instagram
    Ringrazio Marta Cherry Pie Cerri

     
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    Pag. 231: la battaglia finale e il grande incanto!

     
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    Il Giardino del Tempo


    Davanti a loro si ergeva la scoscesa parete della montagna, le pendici celate nella tenue bruma argentata: da lì era fuggita l’Anima Oscura, che terrorizzava la valle cercando di ricongiungersi alla propria metà, fagocitando la Nimue del presente, la donna che lo amava e che il mago stava imparando ad amare.
    Percorsero con circospezione l’ultimo tratto di sentiero coprendosi le spalle, finché arrivarono davanti all’inconsistente barriera di fumo che si muoveva sinuosa, avanzando e arretrando in continuazione di alcuni metri.
    [...]
    «Avete perfettamente ragione» annuì Nimue «dentro la bruma, il Giardino del Tempo si estende per chilometri, fino a raggiungere il limite della valle: è separato dalla parete scoscesa della montagna da una coltre di densa tenebra che ne risale le pendici fungendo da impenetrabile barriera all’uscita» spiegò. «È impregnata di una potente magia che confonde e spaventa chi è privo di poteri costringendolo ad allontanarsi.»
    Xeymus rimase a fissare la foschia argentea che, proprio come un’onda, avanzava e arretrava proteggendo i confini del Giardino del Tempo, la bacchetta sempre stretta con fermezza in pugno.
    [...]
    «Nisi in memoria exsistunt tempora» lesse lentamente il mago.
    «Proprio così» affermò Nimue con sicurezza «in questo posto il tempo non esiste, non trascorre. Non esiste il passato, ma solo un eterno presente che progressivamente ingloba il futuro.»
    Xeymus emise un sospiro colmo di rammarico: come avrebbe voluto che fosse lo stesso anche nei suoi ricordi!
    «Nel Giardino del Tempo si può trovare qualsiasi tipo di vegetazione, anche quella ormai scomparsa» spiegò la strega. «Il Giardino, con le sue peculiarità, esiste da sempre nella valle; viste le scritte in latino, però, deve essere stato recintato solo in un secondo momento.»
     
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    claddagh

    Il Claddagh


    Nimue fissò per un lungo istante l’anello, una profonda preoccupazione a incupire le sue iridi, quindi lo infilò all’anulare della mano destra, la punta del cuore rivolta verso il centro della mano con la corona appoggiata sopra.
    «L’hai messo al contrario» disse solerte Ravi, attirando anche l’attenzione del mago. «Lo hai sempre portato con la corona sotto il cuore!»
    Nimue arrossì violentemente guardando Xeymus che, curioso, osservava la posizione del singolare anello.
    «No, Ravi» mormorò impacciata la strega «è giusto così.»
    [...]
    Poi, mentre Xeymus le voltava le spalle incamminandosi, la strega aveva posato lo sguardo sul Claddagh della madre, la semplice donna del Connemara che aveva stregato il cuore di Taran mac Tiernan. Il singolare anello d’argento brillava al suo anulare destro, il cuore sorretto dalle due mani sempre rivolto con la punta verso il centro della mano, sormontato dalla corona.
    [...]
    Mentre rialzava lo sguardo, notò la mano della strega appoggiata sulla pietra dell’altare vicina alle cinque rune, il Claddagh alll’anulare destro nella posizione della sera prima che, visto lo stupore di Ravi, non era il modo in cui era solita portarlo.
    Sulle labbra sottili del mago apparve un tenue sorriso e scosse piano il capo: allungò il braccio e le prese la mano in silenzio sfilandole con delicatezza l’anello.
    Nimue temette che volesse girare il Claddagh ruotando il cuore verso l’alto: s’irrigidì, sottraendo la mano. Il mago non si oppose: il suo sorriso si allargò mentre, gentilmente, le prendeva l’altra mano.
    Nimue spalancò gli occhi, incredula: Xeymus le infilò l’anello all’anulare sinistro, il cuore con la punta rivolta in alto e alla base la corona.
    «È in questo dito che dovete portarlo, adesso» sussurrò con dolcezza «perché è questa la verità.»
    Nimue arrossì, gli occhi persi nella scintillante oscurità vellutata delle iridi del mago e la mano sinistra adagiata tra le sue.
     
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    Copertina_definitiva_RID

    Il contratto con l'editore (Leonida Ed.) è terminato: se volete comprare il romanzo ma non lo trovate più on-line, contattatemi: ho ancora qualche copia e posso spedirvela, perfino autografata!

     
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    Lo scrigno dei sogni da cui nasce "Dentro l'anima"

     
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    Pag_234

    Ormai siamo alla fine del romanzo, quindi queste poche righe sono molto rivelatrici!

     
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    Nimue_del_passato

    La dama del Lago




    ... una donna emerse dal lago, perfettamente asciutta. I capelli chiarissimi scendevano lisci fino ai fianchi, salvo alcune ciocche trattenute in elaborate trecce: erano decorate con perline e creavano una specie di diadema sulla fronte diafana e lucente. Indossava un abito bianco di foggia medioevale, con ampie maniche triangolari la cui punta quasi sfiorava l’acqua; la morbida stoffa fasciava aderente il busto ben modellato ed era segnata, poco sotto la vita, dalla fusciacca composta di un’alta ed elaborata decorazione dorata, la rigida punta rivolta verso il basso. La lunga gonna scendeva con abbondanza di canne e pieghe che si perdevano in un ampio strascico.
    La figura slanciata, che risplendeva sul vivido cobalto del lago, rimase a osservarlo a lungo, con profonda attenzione.
    Quando infine parlò, la voce era una leggiadra carezza, pregna però di malcelata ansietà: «Ben arrivato, finalmente!» declamò.
    «Vi attendevo, giovane stregone sconosciuto. Ormai temevo che non sareste giunto in tempo!»
    [...]
    La donna interruppe il silenzio, irrequieta: «Sapete chi sono?»
    Xeymus la fissò con attenzione valutando ogni elemento a disposizione, anche quelli dell’ambiente circostante e la particolare apparizione: tutto confermava la bizzarra idea balenata d’istinto nella sua mente, appena l’aveva vista.
    «Dal peculiare modo e luogo in cui siete apparsa, dal vostro aspetto e dalla foggia degli abiti» rispose brevemente «suppongo siate lo spirito della Dama del Lago.»
    «E conoscete anche il mio nome?»
    «Nimue... la strega amata da Merlino!»
    La Dama del Lago annuì sorridendo: «Oltre a essere un... mago» sorrise remissiva «molto potente e dall’animo puro, siete anche intelligente e dotato di sapere.»
    Xeymus stirò l’angolo della bocca, compiaciuto, ma non aggiunse altro.
    «Anch’io amavo Merlino, quanto lui amava me» rispose piccata la Nimue d’altri tempi «checché si racconti nel vostro mondo!»
    «Quindi non lo avreste sedotto per carpire tutti i segreti della sua magia e rinchiuderlo per sempre in una grotta?» chiese mordace.
    La Dama del Lago ribatté veloce, ammiccante: «Magari proprio la grotta in cui la giovane Nimue ha ritrovato il suo prezioso libro?»
    Si studiarono in silenzio per un tempo infinito, ognuno a misurare la forza dell’avversario, poi lo spirito della strega si lasciò sfuggire un piccolo e amaro sospiro: «Ci sono tante cose che non conoscete, giovane stregone dall’anima pura, fatti che nessuno conosce» esclamò con enfasi. «Indispensabili informazioni che non si trovano nel libro.»
     
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    Erbe

    Erbe e pozioni



    Prima, però, avrebbe prudentemente messo in atto un rigoroso rituale di purificazione.
    «Conosci le erbe magiche del bosco?» chiese, rivolgendosi a Ravi che li aveva osservati fino a quel momento con silente attenzione.
    L’indiano annuì con sicurezza: «Le coglievo sempre per Taran: cosa vi serve, professore?»
    «Ho bisogno di foglie grandi di Laurus nobilis e piantine di menta piperita. Pensi di riuscire a trovare anche l’Artemisia alba e l’Angelica arcangelica?»
    Ravi rifletté un attimo, quindi assentì e O’Moore continuò:
    «Dell’Artemisia alba, la varietà verde chiaro, mi servono foglie e radici. Per l’Angelica arcangelica, attento a non confonderla con la cicuta: ho bisogno di radici e semi.»
    «State tranquillo, professore, Taran mi ha insegnato bene» rispose il ragazzo accingendosi a recarsi nel bosco.
    Il mago si rivolse quindi a Nimue: «Mi servono anche Eugenia caryophyllus, Hyssopus officinalis, Artemisia absinthium e mirra.»
    La strega annuì e lo guidò in una zona interna della grotta, illuminandola con un semplice gesto della mano: c’era un cunicolo che conduceva in un ampio ambiente scavato nella roccia. Aprì di scatto la mano sollevando il palmo e allargando bene le dita: il fuoco si accese crepitando in un ampio camino e alla luce delle fiamme Xeymus distinse un laboratorio perfettamente attrezzato.
    [...]
    Si concentrò sugli ingredienti del bagno purificante, preparò i bracieri per gli oli e le polveri e pulì con cura il recipiente che doveva accogliere l’essenza della sua anima.
    [...]
    Dopo quello per la strega, anche il suo bagno purificante era pronto: gli effluvi intensi dell’angelica, dell’assenzio, della menta piperita e dell’alloro aleggiavano ancora nell’aria umida della grotta.
    [...]
    «Questa volta non vi accadrà nulla» la rassicurò Xeymus estraendo una fiala dalla tasca interna del mantello e mostrandole il liquido verdastro e opaco. «È un filtro a base di ruta e ci proteggerà dalle influenze oscure» spiegò porgendogliela.
    Nimue ne bevve un sorso imitata dal mago che, dando uno sguardo intorno, notò che proprio delle piantine di ruta, dai caratteristici fiori gialli, li circondavano inondando l’aria con il loro gradevole odore, inoltrandosi poi nel nero delle tenebre fino a svanire alla vista. Si chinò a raccogliere delle foglie.
    «Si narra che i romani mangiassero la ruta per proteggersi dalle influenze maligne degli spiriti» spiegò «ma il mio decotto è più efficace, e sicuramente non è tossico, come è invece la pianta.
    Però, le foglie fresche hanno anche altre qualità, se annusate» aggiunse con un sorriso, porgendole alla strega.
    «Quali?» chiese Nimue aspirandone fiduciosa l’odore.
    «Portano chiarezza nei dubbi d’amore.»
    «Non ne ho bisogno!» ribatté con decisione la strega, lanciandogli un’occhiata di sfida.
    «Nemmeno io» sussurrò dolcemente Xeymus sfiorandole appena la guancia col dorso delle dita «però aiutano a migliorare il susseguirsi degli eventi» concluse infilando le foglie in una tasca del mantello.

     
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    All'interno dell'anima



    L’oscurità avvolse il mago, poi un lucore illuminò le tenebre e Xeymus vi si diresse deciso, la bacchetta stretta in pugno e il lungo mantello nero che oscillava con morbida eleganza sulle spalle. Il bagliore aumentava: ebbe l’impressione di trovarsi in una grotta e di avvicinarsi all’uscita; fuori sentiva distintamente lo sciabordio della risacca sulla spiaggia.
    All’improvviso la luce divenne accecante: quando i suoi occhi tornarono a vedere, intorno c’erano solo mare e cielo, opalescenti, la linea tra loro indistinta all’orizzonte.
    La strega era a pochi passi, sulla spiaggia, lo sguardo azzurro pieno di sole e un sorriso dolce e caldo sulle piccole labbra rosse.
    «Come vedete, non avevate motivo di temere di non essere all’altezza del compito, Xeymus.» La sua voce era una melodia traboccante di leggiadria e, soprattutto, d’immensa e incrollabile fede. «Ero certa che la vostra anima fosse pura a sufficienza per compiere l’incanto di Merlino» sussurrò, gli occhi che scintillavano come stelle.
    Il mago non poté impedire al suo cuore di battere, felice. Ma c’erano ancora troppe cose che non riusciva a capire: «Avete detto di sapere chi sono, ma io non conosco voi: com’è possibile?»
    «Davvero non mi conoscete, Xeymus? Proprio non vi ricordate di me? Della timida Nerys mac Tinnan?»
    A quel nome, un lampo squarciò la mente del mago e immagini dimenticate tornarono nitide nella sua mente.
    [...]
    Infine Nimue la vide, l’anima di Xeymus, e l’amò profondamente, con tutta se stessa, con tutto l’infinito amore che il mago meritava.
    Una povera anima lacerata, i brandelli strappati dalla violenza delle sue stesse colpe, ma tutti ricuciti con infinita e dolorosa cura dai fili luminosi del rimorso, dai filamenti sottili e lucenti del suo sacrificio per gli altri, dai fili resistenti e scintillanti del suo amore.
    L’amore sempre bramato e che la vita gli aveva sempre negato.
    E Nimue quell’amore gli offrì, con tutto il suo cuore, di ragazzina ingenua e di donna adulta e consapevole.

     
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    Incantesimi



    Si avvicinò seria in viso, la runa Algiz stretta in una mano e un pesante libro nell’altra; posò il tomo sull’altare e lo aprì mostrando la scritta sotto l’antica illustrazione: “Algiz accresce il potere magico e aumenta la forza protettiva respingendo quelle ostili; può difendere dai nemici, basta creare uno spazio magico in cui la scintilla che brilla nell’uomo che ha sacrificato se stesso possa manifestare il suo potere”.
    Xeymus sollevò ironico un sopracciglio: non riusciva a riconoscersi in quelle esaltate parole!
    Nimue, però, aveva chiuso gli occhi e si stava concentrando, il viso serissimo sul quale era facile leggere lo strenuo sforzo.
    Per alcuni istanti non accadde nulla, poi apparvero tremolanti nell’aria grandi scudi evanescenti che si strinsero avvolgendoli ai lati e sopra; sugli scudi pulsanti, Algiz era incisa in rossi caratteri fiammeggianti che rischiararono la notte proprio come nell’illustrazione.
    Lentamente, gli scudi svanirono e solo i fiammanti caratteri runici rimasero sospesi nell’aria, protettiva catena di fuoco rosso che pian piano diminuì d’intensità: si sfaldarono in piccole scintille, adagiandosi al suolo, e continuarono a diffondere un tenue lucore rossastro.
    [...]
    Con la punta delle dita sfiorò il liquido purificante e si riflesse sulla superficie tremolante illuminata dalla luna appena sorta; quando le piccole onde concentriche si esaurirono, un volto pallido, dagli ardenti occhi neri, si ricompose e lo fissò immobile, la tensione palpabile nei lineamenti spigolosi.
    Era infine giunto il momento di mettere a nudo la propria anima.
    Puntò la bacchetta al petto, sul cuore, e fece un lungo e intenso respiro; poi, quasi trascinasse un filo invisibile, portò la punta alla fronte, che percorse con lentezza da una tempia fino all’altra, per tornare infine in mezzo agli occhi, alla radice del naso, emettendo un nuovo, profondo respiro mentre fissava la notte davanti a sé.
    Gli occhi neri di Xeymus rimasero sbarrati per un istante interminabile, senza neppure un battito di ciglia; quindi mosse la bacchetta, la punta rivolta in alto, e la fece roteare veloce nell’aria creando un vortice dal quale cominciarono a emergere immagini confuse e sfocate.
    [...]
    Ogni altra luce era spenta, anche quella delle rune incise sulla spirale di pietre intorno a loro.
    Solo Algiz e Gebo pulsavano ancora debolmente sull’altare, come il respiro lieve di un bambino, protette dai candidi petali della Platonia.
    Poi, un intenso bagliore si riaccese nei petali sulle due pietre e in quelli posti sul cuore dei tre esseri umani che stavano coraggiosamente lottando uniti contro l’oscurità.
    Dai bracieri si alzò il rombo di tuono delle fiamme che si levarono alte nel cerchio arroventando l’atmosfera nera della notte, prima di spegnersi di colpo in un silenzio di nuovo denso di tenebre, sempre più opprimente, rotto solo dal battito accelerato dei tre cuori.
    Trascorse un istante di buio infinito: le dita di Ravi si serrarono sulle braccia dei maghi che si strinsero forte la mano.
    Infine le bacchette vibrarono, travolte dall’energia magica che le percorreva e uscì impetuosa lacerando l’aria con una sibilante frustata.
    Da un punto imprecisato del terreno, una piccola scintilla si accese e un minuscolo punto luminoso si sollevò nell’aria con un fischio sottile lasciandosi alle spalle una flebile traccia luccicante.
    Un fugace istante, e un’altra favilla prese vita nel nero della notte staccandosi dal terreno, e poi un’altra, e un’altra ancora, e ancora, a intervalli sempre più brevi, quale brace incandescente che riprende vita crepitando. I piccoli fuochi salirono verso l’alto, sempre più numerosi e scintillanti, mentre nuovi raggi, via via più vividi, nascevano dalle rune disseminate sul terreno, lapilli che schizzavano verso il cielo in un’impressionante eruzione e circondavano i tre esseri, sempre saldamente uniti tra loro, i petali della Platonia che risplendevano sui loro cuori.
    I minuscoli frammenti di luce si congiunsero infine in una grande sfera, sempre più sfolgorante, le scie che lentamente svanivano nel nero del nulla che li circondava.
     
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    Segnalazione da Instagram Bookinwonderland99


    Bookinwonderland99

     
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