Il segreto di Ida


Maschere di sangue

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  1. Ida59
     
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    Autore/data: Ida 9/8/2019
    Tipologia: racconto
    Rating: per tutti
    Genere: drammatico, introspettivo
    Riassunto: L’ipocrisia di una festa dissacrante fa da cornice agli amari pensieri di un vampiro che non vuol più essere tale, in una folle sarabanda di maschere e finzioni, di vino rosso e sangue innocente.
    Parole/battute/pagine: 2.081 - 12.648 - 5
    Gunning/Gulpease: 12 - 52
    Disclaimer: Questa storia è di mia proprietà e occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.

    Premi ricevuti dal racconto - Antologie

    Maschere di sangue



    Sfavillio di luci e gioielli, silenti voli di sete preziose nell’aria, profumi pregiati che aleggiano indiscreti, mentre aromi speziati, di vini dal sanguigno lucore, si sprigionano dai calici di purissimo cristallo.
    E’ festa, è Natale!
    E’ Natale nell'antica dimora dei Biancamano.
    Leviamo i calici e chiudiamo gli occhi davanti all’ipocrisia.
    L’immenso potere del denaro fa inchinare davanti al padrone di casa, da poco onorevolmente scagionato da ineffabili accuse di vampirismo, amici e nemici di sempre, mentre calici colmi di squisito nettare, che dona l’oblio e placa la sete, si levano a festeggiare qualcosa in cui nessuno dei presenti ha mai creduto, né mai crederà.
    Succubi spauriti e Figli arroganti, Nipoti scalpitanti e Novizi eccitati; uomini di scienza e poeti in cerca di facile fama, prezzolati giornalisti che vendono a caro prezzo notizie insidiose che alterano la realtà: sono riuniti sotto la sontuosa volta affrescata, in un’assurda e blasfema festa mascherata, danzante carosello di simulazioni.
    Mancano solo i Difensori del Sangue: i nemici giurati della nostra razza dannata hanno troppe morti cui pensare.
    Anche il Creatore è assente. I suoi occhi di rubino non sono qui a scrutarmi: ha troppi trionfi da festeggiare nella sua solitaria e malvagia oscurità.
    Mi guardo adagio intorno, scruto iridi nascoste dietro ricercate maschere di piume leggere e preziosi merletti.
    Rosso di sangue, nero di follia, giocano gli scacchi sul tuo volto, ancora bello pur se ingiuriato dal tempo, focosa Amelia: occhi profondi e sorriso impudente, corpo di bimba troppo cresciuta in abiti lussuriosi che fasciano la tua audace femminilità.
    Lasci il braccio stanco di Rodolfo, il tuo Succube reso incerto da estenuanti anni di dominio, e ti avvicini a me che, come tanto, troppo tempo fa, sono di nuovo la preda più interessante ora che, indiscutibilmente, sono tornato a essere il preferito del Creatore, depositario dei suoi ordini e del suo potere. Mi offri il tuo sorriso e lo accompagni con il lieve ondeggiare del ventre, offerta che un tempo non sapevo rifiutare.
    Ma io sono cambiato, Amelia, sono molto diverso dal giovane Novizio che cadeva ai tuoi piedi, avido di possedere il tuo corpo dissoluto, dispensatore di piaceri sconosciuti in cambio di un sorso di energico sangue. Oscene promesse dalle tue labbra, di scuro carminio dipinte, e bagliori dai tuoi occhi, neri come i miei, rifugio della più assoluta oscurità.
    Levo sicuro il mio calice, rosso come il sangue rubato a troppi innocenti, e sdegnoso respingo la tua provocante profferta: sono un Figlio, ora, e so ciò che voglio, anche se non potrò mai accarezzare il mio sogno, dolce ideale che il mio passato mi nega.
    Esiti un istante davanti a me, lampi superbi dagli occhi, poi accogli il braccio che tuo marito ti porge, amore da sempre disconosciuto, ma sempre devotamente a te riservato, insieme al suo sangue.
    Tristi e stanchi occhi d’ametista mi scrutano, come un tempo colmi d’irata e impotente gelosia, argento ormai sfumato sulle tempie, orgogliosa aquila perduta su troppe ardite altezze; amicizia mai nata sui libri che potevano unirci: il corpo voluttuoso di una donna che non sa amare ci ha resi nemici da sempre e per sempre.
    Non è più tempo, ormai, per costruire: solo la distruzione incombe su di me, in questi giorni di novello inferno.
    Altre iridi, di mille diversi colori, si riparano dietro maschere dalle più disparate fogge: occhi che non conosco o che non mi riconoscono, giovani sguardi lucenti, oppure offuscati dal tempo che passa immemore e porta un pietoso oblio.
    Poi la luce azzurra della preziosa consorte di Biancamano, soffice nuvola bionda tra le mie braccia, in una danza che non reca il conforto agognato, principessa di un tempo che fu, dolce amante sognata, perduta e ritrovata, cui regalo il tepore amichevole di un languido abbraccio.
    Ti abbandoni alla rispettosa e delicata stretta, malinconico ricordo di una folle passione proibita, nascita di un figlio nell'assenza del padre.
    Il tuo profumo è ancora sulle mie labbra, nostalgia di un amore che non è mai stato veramente mio; la tua pelle delicata brucia ancora sulla mia, simulacro d'un sogno che ha definitivamente lacerato la mia anima nel buio assoluto di una notte, squarciato solo da un orrido morso infinito.
    Un ultimo volteggio e ti rendo a lui, tuo unico signore, sorriso beffardo e altero, amico perso e dopo tanto tempo alfine ritrovato, lampo di ghiaccio che incontra le fiamme scure dei miei occhi. Lui sa tutto, eppure tace.
    Conosce il passato e ha preordinato il futuro, solo per la salvezza dell'unico figlio, che crede suo.
    Guarda preoccupato le piccole macchie scure sulla mia argentea maschera, ma io ancora levo il rosso calice, simbolo di dolorosa vittoria, e, amaramente, stiro le labbra sottili in un falso sorriso.
    Una giovane anima sarà alfine salva in questa sacra notte irriverente, mentre un’altra sprofonderà, ancora un poco di più, nel suo personale e straziante inferno.
    Ecco, pallido rampollo dei Biancamano, ora incrocio i tuoi occhi, tristi e giovani perle che riflettono l’argento dell'orrida maschera, imperscrutabili a tutti in quest’ultimo incontro.
    Ma non fu così, per me, nel verde solitario e oscuro di una tragica notte estiva, quando il terrore dell’assassinio rifiutato mi rivelò ogni recondito anfratto della tua giovane e ingenua anima, paure e speranze, disperazione e coraggio.
    In quel momento compresi che eri mio figlio, pur se non te l'ho mai rivelato.
    Premo sul viso l'argentea maschera di morte, per me ormai solo testimonianza ineluttabile della rovina della mia anima: oscilla il mio nero mantello, mentre mi avvicino a te e fendo la folla di allegri danzatori senza memoria.
    Nel mio alto ed elegante calice, appoggiato con negligenza sull’angolo del piccolo piano intarsiato d’ebano, oscilla ancora il rosso liquido che non sa donarmi l’oblio, ma che con il suo purpureo colore mi ricorda la morte che ancora una volta brucia sulle mie labbra.
    In questa folle sarabanda dell’ipocrisia, dove i buoni si mischiano ai cattivi, dove il denaro è l’unico e vero rispettato Signore e dove tutti indossano una maschera, solo tu ed io, Diego, mostriamo il nostro vero e sofferente volto, l’impietosa maschera insanguinata che ormai è diventato.
    Tu ed io, figlio mio, in questa notte di dissacrante e dissoluta festa, indossiamo una maschera d’argento schizzata di sangue.
    Il sangue della tua libertà.
    Perdonami, Diego, se ci ho messo tanto, se per mesi hai vissuto in un incubo infernale.
    Ma non è tuo il sangue che brilla sulle nostre maschere, né c’è sangue nella tua bocca.
    Non c’è mai stato sangue sulle tue signorili labbra esangui: ha macchiato sempre e solo le mie, di nuovo condannate all'orrore, nel rispetto di una promessa troppo importante da mantenere.
    L’ultimo regalo di un vecchio, forza invincibile dei Difensori del Sangue che un tempo mi trasse dall’inferno, rassegnazione infinita e massima pietà nella notte orrenda in cui ho dovuto piegare il capo, ricacciando ogni lacrima che, pietosa e ribelle, voleva stillare dall’oscurità dei miei occhi.
    Un’impossibile scelta, tra la vita dell’unica persona che aveva creduto in me e quella del figlio appena riconosciuto, destinato a diventare Succube del gruppo per punire l'avventatezza del suo apparente padre, che stava per rivelare la nostra segreta esistenza.
    E un solo, terribile obbligo imposto: salvare mio figlio e la sua anima.
    Fu l'ultima promessa, e la mantenni.
    La tua anima è ancora pura, Diego, e i tuoi occhi godono ancora della luce del sole. I piccoli fori sul tuo collo raccontano solo una menzogna: non ti ho mai trasformato in uno dei tanti Nipoti del Creatore, anche se mi aveva conferito il grande onore per aver dissanguato il Capo dei Difensori del Sangue.
    Ma lui non è morto invano.
    Un nuovo, maledetto tributo di sangue brilla sulle nostre maschere: è l’orrido prezzo della tua libertà, Diego, che ancora una volta io solo ho pagato.
    I miei occhi scintillano dietro alla maschera di morte, ma non è la pazzia, Diego, come hai creduto quella notte lontana nella buia foresta, è solo la felicità di sapere che tu, almeno tu, domani non sarai più costretto a indossare la maschera sanguinaria delle bestie.
    Oggi ho infine realizzato il dono recato in quella notte maledetta dalla pietà dell'uomo che mi salvò: ho pagato la tua vita e la tua libertà, Diego, l’ho pagata con la perdizione della mia anima e ne sono felice.
    Abbassa le palpebre, giovane erede dei Biancamano, tu che ancora puoi farlo, e promettimi che domani piangerai tutte le lacrime che in questi mesi ho dovuto ricacciarti a forza in gola.
    Promettimi che singhiozzerai a lungo, anche per me, che le tue lacrime laveranno il sangue e il ricordo delle atrocità che i tuoi giovani occhi hanno visto.
    Vorrei poterle guardare, perle leggere che lavano il tuo viso; vorrei poter piangere e con le mie pulire il sangue che mi inonda la bocca.
    Tintinnio di cristallo, ruota il calice sul ripiano d’ebano, e il vino si riversa a terra, sangue pulsante che sgorga dalla mia anima.
    E non ci saranno lacrime che potranno mai lavarlo via.

    Ragazzi che corrono rumorosi invadono all’improvviso i miei pensieri, pacchi lucenti a eccitare l’attesa, volti conosciuti di giovani Novizi destinati a perdere l’anima in una notte oscura. Ed io non potrò fare nulla per loro.
    La testa mi scoppia in questa baraonda di Natale, mentre il vino sanguigno si allarga adagio sul marmo prezioso, insinuandosi nelle sottili venature, e scricchiola il cristallo sotto suole assetate.
    Troppo rumore, troppa confusione, troppa luce e calore per me, che anelo a un oblio che la dannazione dell'immortalità mi preclude.
    Non avrei mai pensato di poter rimpiangere gli amari e solitari Natali trascorsi nella reclusione benigna di un nuovo padre. Lui, il Capo dei Difensori del Sangue, non mi piantò un paletto di frassino nel cuore; mi tese la mano, invece, scrutando nel fondo della mia oscurità, il sorriso negli occhi azzurri, fiduciosi oltre ogni ragionevole sospetto.
    Eppure, ora, la pace fredda e solitaria del sotterraneo sarebbe pura consolazione per la mia povera anima, dopo mesi d’abissale disperazione.
    Come mi manca la sua severa dimora, così odiata eppure amata, prigione del corpo ma salvezza dell'anima! Rimpiango le fredde e spesse mura che hanno saputo proteggermi da me stesso ergendosi a baluardo della mia raccapricciante sete; e i lunghi corridoi silenziosi, pieni di quieta ombra, percorsi e ripercorsi mille volte, conosciuti e amati in ogni singola pietra, mentre il tempo m'insegnava il dominio di un'arsura bestiale!
    E’ lì che ho ritrovato la pace, per la prima volta, quando sono riemerso dall’Inferno in cui ero stato così orgoglioso di accedere, baldo e stolto giovane con l’inganno negli occhi.
    Ma adesso sono qui, di nuovo all’Inferno, senza speranza alcuna di potergli sfuggire.
    Senza un padre da cui poter ritornare.
    Solo lui, gli occhi ridenti dietro le piccole lenti rotonde, sempre offuscate, e il sorriso sereno sulle labbra fragili, solo lui poteva entrare nella mia stanza la notte di Natale, un prezioso libro avvolto in carta dorata, sfavillio sfocato del sole perduto, e una bottiglia d'elisir nell’altra mano.
    Solo lui.
    Ed io ho ucciso anche il Natale.
    Non l’ho mai abbracciato, non gli ho mai detto quanto gli volevo bene, non l’ho mai ringraziato per ciò che aveva fatto per me. Non gli ho mai fatto un regalo né mai ho ricambiato il suo sorriso. Ma l’ho ucciso, quando me lo ha ordinato, barattando un padre per un figlio.
    Quando, quando potrò infine piangere il mio immenso dolore?

    Non dovevamo essere qui, Diego, ma la tua giovane mano trema, mentre stringi un’ultima volta quella di tua madre, prima di partire per questa missione che, ancora una volta, solo io porterò a termine.
    Non temere, non sarà l’ultima volta che la vedrai, te lo prometto. Alza il tuo pallido volto e fissa tuo padre, osserva com’è cambiato: è tornato l’amico che avevo perduto. Grazie a te, figlio mio, solo grazie a te, che, nel caldo tepore di quella notte, coraggiosamente rifiutasti di uccidere l'uomo che mi aveva salvato da me stesso.
    E’ ora di andare, giovane Biancamano che non sai chi realmente sei: anche gli occhi di tuo padre te lo dicono.
    Raddrizza le spalle, guarda tutti da dietro la maschera, Diego: questa è la tua ultima recita e dovrai essere perfetto.
    L’ultima recita, poi potrai gettare via per sempre quella maschera insanguinata.
    Almeno tu, tu lo puoi fare.
    Questo l’avevo promesso solo a me stesso, ma io mantengo sempre le mie promesse.
    E questa maschera, anche questa mia maledetta maschera di sangue, io un giorno la schiaccerò sotto il tallone, insieme al dannato Creatore che mi ha rubato l’anima.

    Edited by Ida59 - 13/4/2022, 17:03
     
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