Il segreto di Ida


3.4/3.5 - Originalità dei personaggiAppunto n.3 Personaggi: costruzione e crescita

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    3.4/3.5. Originalità dei personaggi

    3.4.1. Come evitare gli stereotipi (1 di 2)
    3.4.1. Come evitare gli stereotipi (2 di 2)
    3.5.1 Credibilità
    3.5.2 Coerenza
    3.5.3 Motivazioni (1 di 3)
    3.5.3 Motivazioni (2 di 3)
    3.5.3 Motivazioni (3 di 3)


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    Foto di ha11ok da Pixabay


    3.4.1. Come evitare gli stereotipi (1 di 2)

    Se l’archetipo (dal greco arché [originale] e típos [modello, immagine, esemplare] è un modello primordiale e condiviso, lo stereotipo è esattamente il contrario: dal greco stereo (solido, rigido) significa infatti immagine rigida, copia, riproduzione.
    Si tratta quindi della semplificazione di un modello originale, ottenuta generalizzando i suoi tratti peculiari. Inoltre, se l’archetipo deriva da un bagaglio psicologico collettivo, lo stereotipo è invece espressione di un punto di vista personale o parziale, spesso limitato dal pregiudizio.
    Non per questo uno stereotipo non può diventare il personaggio di una storia; ma in genere quando accade è proprio per usare lo stereotipo come amplificatore di un preconcetto in chiave comica o polemica. Clark Kent, il timido e occhialuto giornalista di Metropolis che nasconde sotto la sua camicia la S di Superman è sicuramente lo stereotipo dell’imbranato introverso, ma è rappresentato così proprio per accentuare la distanza con il suo eroico alter ego.

    Molti personaggi sono tipi riconoscibili. Si può quindi partire da un tipo (esemplare tipico riconducibile, in base a caratteristiche comuni fisse, a una molteplicità di oggetti ) come punto di partenza per il personaggio, ma poi bisogna aggiungere dettagli specifici: può bastare un aggettivo per caratterizzare il tipo e trasformarlo in un "personaggio" non troppo facilmente "fissabile", cioè riconoscibile come tipo. Se introduciamo uno stereotipo, invece, diamo al lettore una vecchia conoscenza. Utilizzando dei cliché si sbalza fuori dalla storia il lettore, ricordargli che si tratta di un mondo fittizio: i cliché sono elementi che suonano falsi, quindi fastidiosi.
    I personaggi stereotipati non cambiano, proprio perché, dovendo corrispondere a quel dato stereotipo, non possono cambiare. Un personaggio che non cambia, quindi, rischia di essere uno stereotipo.

    Edited by Ida59 - 12/6/2022, 15:52
     
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    Foto di ha11ok da Pixabay


    3.4.1. Come evitare gli stereotipi (2 di 2)

    Qualsiasi personaggio che non presenti tratti specifici e individuali, oppure se i tratti individuali sono troppo comuni, rischia di diventare uno stereotipo: per esprimere innocenza, cattiveria o forza, non solo bisogna trovare i dettagli giusti, ma devono anche essere dettagli non troppo abusati. Ad esempio, vanno evitati gli stereotipi etnici (gangster italiani a New York), ma bisogna stare attenti anche ai nuovi stereotipi (imprenditore che inquina l'ambiente). Questa tipologia di persone esiste, ma quando entrano nel vostro romanzo, dovete riuscire a renderli individui, magari introducendo un pizzico di originalità e ironia, qualche elemento che i lettori non si aspettino: una storia apparentemente banale e già vista può diventare interessante se si riesce a presentarla in modo da costringere il lettore a identificarsi.

    Quando si usano gli stereotipi, non solo si sta raccontando invece che mostrando, ma si dà anche un giudizio di valore sul personaggio, piuttosto che mostrarlo al lettore e far decidere a lui come giudicarlo. Gli stereotipi sono un modello usato da chi non ha fantasia, però non aiutano l'autore a portare avanti la storia né permettono al lettore di immedesimarsi.
    Se il lettore anticipa le mosse del personaggio, allora siamo di fronte al solito stereotipo. Sorprendete il lettore: date al personaggio la giusta ed equilibrata imprevedibilità. Fatelo pensare. Fatelo agire. Dategli una vita propria.
    L’originalità risiede nella sorpresa. Nell’azione. Nella lotta per raggiungere uno scopo.

    Per evitare gli stereotipi e quindi trovare un modo di mostrare invece di raccontare, c’è una regola semplicissima: conoscere il personaggio quanto più profondamente possibile. Provate a immaginare che il personaggio sia effettivamente una persona: non dovete crearlo, ma solo conoscerlo. Quando lo conoscerete, davvero saprete che tipo di vestiti indossa, qual è il suo colore preferito, quanto corre veloce e se sa guidare un’auto col cambio automatico. Ė tramite questi dettagli che il personaggio può essere rivelato ai lettori. Infatti, conoscere i personaggi è come conoscere le persone nella vita reale: uscite a fare un giro con loro, osservateli, fategli domande; prendetevi il tempo necessario per imparare a sapere chi sono.
     
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    3.5.1. Credibilità

    I personaggi sono, o dovrebbero sembrare, credibili esseri umani: riconoscibili come tali, con i loro pregi e i loro difetti, ma anche con le loro caratteristiche particolari.
    I difetti, le debolezze e le caratteristiche negative, in particolare, sono fondamentali per la credibilità del personaggio: è ormai finita l'epoca degli invincibili cavalieri dalla scintillante armatura! I lettori sono attratti dai personaggi "in grigio", molto più realistici e verosimili. Non più grandi eroi, ma persone normali, magari anche indecise e insicure. Del resto, come si può essere coraggiosi se prima non si ha paura? Come si può crescere e maturare, facendo scelte giuste e sbagliate, se si è già perfetti?
    La credibilità si costruisce con l’introduzione. È come sono introdotti determinati elementi nella storia che la rendono credibile. La giusta dose di descrizioni, sensazioni ed emozioni rendono un personaggio reale, vivo e permettono al lettore di credere alla sua esistenza.
    Il mondo in cui è ambientata una storia deve essere costruito realisticamente e lo scrittore per primo deve credere al suo mondo. Altrimenti, come potrà trasmettere credibilità al lettore?
     
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    3.5.2. Coerenza

    Salvo soggetti volutamente grotteschi, i personaggi, anche se "sono di carta" e li creiamo noi, devono apparire umani. Per esempio, una persona è sempre uguale a se stessa per il novanta per cento del tempo. Salvo chi è affetto da gravi problemi, non esistono persone che cambiano umore ad ogni frase. L'umore è mutevole e durante la giornata ci si può esaltare o deprimere a seconda di come girano le cose, ma non è possibile passare dalla tragedia più cupa all’esaltazione più stolida nella stessa pagina.
    Rendere coerente un personaggio significa non dare su di lui informazioni contraddittorie; significa identificare il canone all'interno del quale si muove quel personaggio. Un personaggio insicuro rimane insicuro sia di fronte a scelte piccole sia a scelte di grande importanza, non si comporta improvvisamente come una persona decisa. La coerenza, quindi, è rappresentata anche dalle relazioni tra la scena/situazione in oggetto e tutti gli elementi già conosciuti dal lettore su quel dato personaggio.
    Naturalmente, il carattere di un personaggio può cambiare nel corso di una storia, ma ciò deve avvenire gradualmente, come frutto di un processo che mette in discussione le basi del suo essere. Una persona cinica e fredda può essere cambiata da un grande amore, così come un generoso può diventare cinico se gliene capitano di tutti i colori. Cambiamenti simili sono perfettamente leciti (anzi, desiderabili) se giustificati nell’economia della storia, l’importante è che il lettore possa rendersi conto di questa evoluzione.
    Diverso è il caso in cui un personaggio mostra un volto diverso dalla sua reale personalità: lo scrittore deve domandarsi quanto bene sta fingendo e tenere presente che indossa una maschera. Se un personaggio si mostra gentile ma è crudele nel suo intimo, probabilmente non sarà capace di mostrare vera compassione se messo di fronte a una situazione che richiede altruismo.
    Un personaggio eccessivamente coerente con se stesso, però, tutto d'un pezzo anche in mezzo a difficoltà sovrumane, da un lato può apparire scontato perché le sue reazioni sono troppo prevedibili e dall'altro può perdere di credibilità perché non sembra più un comune essere umano. Ogni tanto, quindi, permettiamo qualche piccola incoerenza al nostro personaggio, soprattutto quando le particolari condizioni della situazione lo esigono o lo permettono. Concediamogli un pizzico di imprevedibilità, senza mai esagerare, però: quindi meglio nelle cose piccole che non in quelle essenziali alla trama.
    La coerenza va esercitata in modo ancora più severo nei dialoghi, in riferimento a quella che è la "voce propria" dei personaggi (vedi precedente punto 2.2.3). Un personaggio educato e intelligente difficilmente si concederà al turpiloquio perfino se è provocato, piuttosto preferirà reagire agli insulti con ironia e insinuazioni sottili che smontano il discorso dell'interlocutore.
    Attenzione all’epoca dell’ambientazione che dovrà essere coerente con tutto: luogo, abbigliamento, modo di parlare. L’ambientazione va scelta e studiata con coerenza anche se è ai giorni nostri.
    Questo darà credibilità ai luoghi in cui il personaggio si muove e renderà i suoi dialoghi convincenti e adatti alla situazione. Tramiti i dialoghi e le descrizioni, il protagonista sarà contestualizzato nell’ambientazione.
     
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    3.5.3 Motivazioni (1 di 3)

    Non sono necessarie solo buone motivazioni, ma personaggi ben motivati. I personaggi sono (devono essere) complessi e possono agire in modo diverso solo in situazioni diverse, o se in essi si è sviluppato un processo di crescita/cambiamento.
    Se conoscete bene i vostri personaggi, saprete sempre quando si stanno comportando in modo credibile e quando no. Non fateli mai comportare al di fuori del canone del personaggio stesso solo per esigenze di trama!
    Le motivazioni che spingono il personaggio devono essere chiare e credibili. Ė la motivazione che produce l’azione e spinge il personaggio a combattere per qualcosa, perfino a rischiare la propria vita. Senza motivazioni i personaggi non hanno stimoli ad agire e la storia non avanza. Occorrono motivazioni potenti per smuovere le persone, però non è sempre necessario salvare il mondo: basta qualcosa che sta davvero a cuore al personaggio.
    La motivazione è la ragione ultima che muove le azioni del personaggio e si lega ai suoi obiettivi (che devono essere ben chiari al lettore), ai suoi sogni, a ciò che vuole davvero ottenere nella vita (o nella storia). Ė la motivazione che lo spinge a continuare la sua corsa verso l'obiettivo, a dispetto delle difficoltà e degli ostacoli che gli si parano davanti: ha una passione, una preoccupazione o un'ossessione che lo motivano e che non lo fanno dormire la notte.
    La bambina che sostiene una prova di coraggio e bacia un ranocchio per entrare in un gruppo di amici nuovi/grandi/maschi è un’azione che deriva da una motivazione profonda: la bimba vuole sentirsi accettata ed è disposta a rischiare. Meglio ancora se i rospi le fanno orrore, perché il rischio diventa più vero, per superare la prova deve essere disposta a varcare la sua zona di pericolo interiore (vedi il conflitto interiore). Di fronte a scelte simili capiamo quanto sono forti le motivazioni dei personaggi e chi sono veramente.
    La motivazione che sta dietro alle azioni del personaggio è la molla che fa scattare il coinvolgimento del lettore: il suo obiettivo può anche essere negativo (rapinare una banca) ma se la motivazione è procurarsi i soldi per pagare l'operazione che salverà la vita a suo figlio, le cose sono molto diverse.
     
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    Foto di TanteTati da Pixabay


    3.5.3 Motivazioni (2 di 3)

    Per altro, esiste una motivazione di fondo del personaggio, che sostiene tutta la storia, ma possono esserci molte altre motivazioni situazionali, cioè dettate dalla situazione contingente. Naturalmente, dovrà esserci coerenza tra la motivazione base e quelle accessorie, e tutte devono essere coerenti con la psicologia del personaggio.
    Le motivazioni che spingono un personaggio possono non essere subito evidenti. La scelta di mantenere il mistero può essere molto interessante. Disseminare il racconto di indizi, per far sì che il lettore le intuisca, e poi rivelarle al momento opportuno, può diventare la chiave di volta di un racconto appassionante (la rivelazione della verità sul personaggio di Severus Piton nella saga di Harry Potter).
    Anche i personaggi secondari devono essere dotati di una motivazione ad agire, più o meno profonda a seconda del ruolo; lo stesso vale anche per l'antagonista, indipendentemente dal fatto che la sua motivazione sia condivisibile o meno. Quando i personaggi si confrontano ed emergono motivazioni opposte fra loro, possono venir fuori scene con contrasti interessanti, colme di tensione.
    Le passioni umane sono i grandi motori della trama delle storie di ogni luogo ed epoca e funzionano perché chiunque può provarle e immedesimarsi con i personaggi.
    Ecco un elenco incompleto di passioni che possono attanagliare un personaggio.
    • Paura
    • Amore
    • Vendetta, odio
    • Desiderio sessuale
    • Desiderio di riscatto
    • Desiderio di conoscenza, curiosità intellettuale
    • Desiderio di libertà
    • Desiderio di avventura
    • Ambizione, sete di successo
    • Sete di denaro
    • Ricerca della sicurezza
    Ovviamente, non tutte le motivazioni sono positive. Molte nascono da sentimenti egoistici che danneggiano gli altri o possono anche essere auto-distruttive. Altre possono essere positive ma dar luogo a conseguenze devastanti. L'autore non deve mai giudicare direttamente i suoi personaggi e le loro passioni; il giudizio spetta solo al lettore e, casomai, può emergere dal complesso della storia.

    Edited by Ida59 - 12/6/2022, 15:58
     
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    Foto di Ralf Kunze da Pixabay


    3.5.3 Motivazioni (3 di 3)

    Il protagonista per essere credibile e avere valide motivazioni deve essere dilaniato dal desiderio, ossessionato da qualcosa (e può anche essere una paura). Deve contenere in sé un mix esplosivo di desideri e sensazioni che lo rendano umano sviluppando così nel lettore una forte empatia. Talvolta anche le contraddizioni possono servire.
    “... dovete sforzarvi di mettere ostacoli lungo il percorso del vostro protagonista, a ogni angolo e a ogni livello della storia. Ci devono essere scommesse personali da risolvere e tempeste emotive da superare” .
    Create un buon conflitto trainante per il protagonista e conquisterete i lettori. Parlate di lui come se fosse reale (è reale!) e distribuite qua e là piccoli assaggi per far capire quanto sia complessa la sua persona e quanto intensamente i suoi desideri condizionino le sue scelte. In questo modo avrete un protagonista credibile, coerente, complesso e pronto a conquistare i lettori.
    In tema di conflitto e motivazioni, è importante parlare del protagonista che ha in sé conflitti interiori, i cui stessi nodi costituiscono gli ostacoli principali sul filo della narrazione. Non è certo indispensabile creare un conflitto interno da sciogliere per ogni personaggio, ma credo si tratti del fattore di drammatizzazione più significativo della narrativa moderna, quindi un punto cruciale nella fase di costruzione del personaggio.
    Una caratterizzazione efficace, che permetta all'ingranaggio narrativo di muoversi attorno al protagonista, implica una decisa drammatizzazione. La pensava così anche Aristotele, che fu il primo a osservare che ogni individuo è la somma dei propri desideri: la “linea direttiva” passa quindi attraverso i suoi tentativi di realizzarli. Le azioni di una persona sono guidate dalle sue aspirazioni, ma frenate dalle costrizioni della vita o dalle limitazioni che essa stessa si impone. Si ha così una situazione di conflittualità interna, quasi sempre irrisolta e dinamicamente tesa verso la risoluzione, che costituisce il succo dell'esistenza umana. Un personaggio letterario “riconoscibile” come essere umano deve, dunque, volere qualcosa e cercare di ottenerla. Più intensamente la vuole - e chiedetevi sempre se la vuole con sufficiente forza - più la tensione drammatica cresce e più il lettore è coinvolto nell'energia emotiva che prorompe dal personaggio: l'azione è la molla propulsiva della trama e la motivazione (del personaggio) è la spinta all'azione. Qui nasce il processo fondamentale di riconoscimento e identificazione tra personaggio e lettore.
    Tra tutti gli ostacoli che possono interporsi fra la motivazione del personaggio e la sua azione, quello più difficile da affrontare è il nemico interno: impedisce di essere come si vorrebbe essere, di agire come si vorrebbe agire, di vivere come si vorrebbe vivere. In altre povere, impedisce al personaggio di realizzare i suoi veri desideri.
    Il nemico interno si può chiamare paura, insicurezza, dubbio, indecisione, incoerenza, disistima di sé, senso di colpa, disperazione. Persino vanità. In ogni caso, si tratta di un nemico potentissimo che rende inutile qualsiasi altro antagonista nella storia.
    La sfida della vita consiste proprio nell'affrontare questi avversari, contrapponendo ai nostri “nemici” le forze positive che abbiamo in noi, che ci spronano ad andare avanti per arrivare, bene o male, da qualche parte.
     
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