Il segreto di Ida


Sfida dei 5 elementi

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. DanielaB
     
    .
    Avatar

    Junior Member

    Group
    Member
    Posts
    50

    Status
    Sfida degli elementi n° 1: sarta, maestro di musica, cinema, gomma da cancellare, fantasma.

    La gomma


    1



    Il freddo era intenso, tanto che sul fiume galleggiavano blocchi di ghiaccio ammiccanti nello scorrere placido dell’acqua scura e profonda.
    L’uomo, appoggiato al parapetto, osservava assorto lo spettacolo offerto dalla natura generosa, che non faceva pagare alcun biglietto per ammirare la sua opulenta bellezza.
    Un salto e un tonfo. L’acqua lo accolse in un abbraccio gelido, gli mozzò il fiato. Gli occhi persi per l’ultima volta sul volto pieno di una luna indifferente, l’uomo raggiunse il fondo del fiume e vi si adagiò, finalmente in pace.


    2



    Nella camera il caldo era un vago e lontanissimo ricordo.
    Le mani ghiacciate, Mario cercava di scrivere sul pentagramma le note ricavate dal pianoforte verticale, quasi unico arredo della stanza.
    Maestro di musica, faceva saltuarie supplenze alla scuola media, lavoro ingrato e sottopagato; intanto componeva una sinfonia da presentare insieme al curriculum per sostenere il concorso e realizzare il suo sogno: maestro di musica al conservatorio. Lì avrebbe incontrato studenti motivati cui insegnare e, perché no, da cui apprendere idee nuove e nuovo entusiasmo.
    - No, no! – Esclamò, appallottolando l’ennesimo foglio e lanciandolo contro il muro insieme alla matita.
    Si soffiò sulle mani tentando di scaldarle e poi decise di uscire.
    Due mesi senza supplenze erano davvero troppi, aveva finito i soldi e girò per le strade in cerca, inutilmente, di un lavoro qualsiasi.
    Si ritrovò davanti al cinema Amarcord, entrò per godere di un po’ di calore.
    Un gruppo di ragazzi stava aspettando in un angolo e Mario si avvicinò. Il ragazzo alla cassa si girò per contare quanti erano e comprare i relativi biglietti, poi si avvicinò e gliene diede uno: lo aveva scambiato per uno di loro.
    Mario ne approfittò e si aggregò, attirato dal nasino impertinente di una biondina i cui capelli, stretti nella coda di cavallo, dondolavano a ogni movimento del capo.
    Il locale era piacevolmente caldo e le poltroncine comode.
    La ragazza lo guardò. I baffi e il pizzetto neri ben curati, gli occhi scuri più tristi che avesse mai visto e la bocca morbida che sarebbe stata affascinante se avesse sorriso, la spinsero a informarsi.
    - Non mi sembri della nostra comitiva, chi ti ha invitato? – Chiese.
    - Nessuno. – Rispose Mario, maledicendo la propria incapacità di mentire.
    Lo sguardo interrogativo della ragazza gli impose una spiegazione. Spiattellò la verità.
    - Un imbucato! – Esclamò lei – Che faccia tosta!
    - Credimi, non è così, ma sono disperato.
    Mario le spiegò in che situazione stava vivendo e concluse:
    - Avevo bisogno di un po’ di caldo; se non trovo lavoro, non so cosa farò, a volte sono così depresso che…
    - Non pensarlo nemmeno! – Lo interruppe tendendo una mano – Sono Eleonora e tu sei?
    - Mario.
    - Bene, Mario. Sono una sarta e possiedo un laboratorio. Se vuoi, potrai venire a lavorare da me, almeno finché non risolvi la tua situazione.
    Incredulo, il giovane spalancò gli occhi.
    - Non so cucire. – Balbettò.
    - Sciocco, - rise lei – per lavoro intendo scrivere la tua musica e anche, perché no, consegnare gli abiti pronti, ritirare presso i negozi quelli da accomodare, insomma, svolgere qualche semplice commissione.
    - Davvero? Non sai niente di me, potrei essere un serial killer. Perché mi aiuti?
    - Carlo, il fratello di mio nonno, era musicista. Avrebbe voluto esercitare questa professione, ma i genitori, tutti avvocati, non erano d’accordo perché avrebbe disonorato la famiglia. Lo ostacolarono in mille modi, finché lo cacciarono di casa e gli voltarono le spalle. Mio nonno aveva dieci anni meno, era troppo giovane per poterlo aiutare. Carlo non riuscì a sfondare nel mondo della musica, visse nell’indigenza e, un brutto giorno, si buttò nel fiume. Mio nonno soffrì moltissimo e, appena poté, abbandonò la sua famiglia crudele.
    - Una storia davvero triste.
    - Sì, - confermò la ragazza – mio padre si chiamò Carlo in onore dello zio morto tragicamente. Tutti siamo cresciuti seguendo i principi della comprensione e dell’amore. Ti aiuto per questo, - rise per sdrammatizzare – non vorrei facessi anche tu una brutta fine.
    - Grazie, Eleonora, ti sono immensamente grato! Allora vengo domani.
    La ragazza, nel dargli l’indirizzo, aggiunse:
    - Ah, il pianoforte c’è, è quello dello zio Carlo e anche lo smoking per l’audizione, devo solo adattarlo a te.
    Le luci della sala cinematografica traballarono e si spensero per poi riaccendersi e spegnersi di nuovo. Una corrente d’aria fredda li investì.
    - Questo locale è troppo vecchio, pieno di spifferi.
    - È stato restaurato cercando il più possibile di mantenere l’originale, sia negli arredi che negli infissi. – Spiegò Mario – Si vede che hanno esagerato.
    Con una risata si concentrarono sullo spettacolo che stava per cominciare.


    3



    Lungo il tragitto per raggiungere il laboratorio di Eleonora, Mario attraversò il mercato. Un po’ defilato dalle bancarelle, gli andò incontro un vecchio che portava appesa al collo una cassetta a scomparti, simile a quella delle sigaraie nei vecchi film, piena di matite, gomme e temperini.
    - Se mi fai un’offerta, - lo apostrofò – quello che vuoi, anche solo cinquanta centesimi, ti vendo due matite dalla mina indistruttibile, che potrai gettare contro il muro centinaia di volte senza che si spezzi e una gomma, questa, guarda, a forma di nuvoletta, di un bel bianco candido.
    - Per cinquanta centesimi mi conviene, - mormorò tra sé Mario, poi continuò ad alta voce - sicuro che siano indistruttibili?
    - Certo, te lo ripeto, potrai gettarle contro il muro per centinaia di volte.
    Soddisfatto, comprò gli articoli di cancelleria e raggiunse il laboratorio di Eleonora.
    L’atelier era caldo e accogliente; la ragazza lo accompagnò in una stanzetta adibita a magazzino nella quale faceva bella mostra di sé un pianoforte verticale.
    - È ben tenuto e accordato, lo faccio revisionare ogni paio d’anni. Buon lavoro!
    Mario estrasse dalla cartella lo spartito già iniziato e si mise all’opera. Canticchiò una melodia, la suonò e poi la tradusse in note sul pentagramma.
    - No, no, qui ci vuole un fa diesis, - disse e prese la gomma nuova per correggere.
    - Ma cosa diavolo…- esclamò stupito.
    Ripassò sul pentagramma la gomma e strabuzzò gli occhi: invece di cancellare, la gomma scriveva!
    Le note si rincorrevano sul pentagramma a mano a mano che Mario passava la gomma sul rigo.
    Eccitato e anche spaventato, il ragazzo chiamò Eleonora.
    - Prova a usare questa gomma! – La invitò.
    Lei lo guardò perplessa.
    - Dai, per favore! – Insistette.
    La gomma cancellò alcune note.
    - Ma pensa, cancella! – Scherzò lei.
    Il musicista ripassò la gomma sul pentagramma: le note presero a susseguirsi.
    Eleonora restò a bocca aperta.
    - Quindi solo con me si comporta così. – Concluse Mario e spiegò all’amica come l’aveva avuta.
    - Ora provo a suonare queste note.
    - No, no, non farlo. – Lo fermò la ragazza – La gomma è certamente magica, se fosse magia nera? Se suonando questa musica apparisse un diavolo o accadesse qualcosa di nefasto?
    - Sono curioso…
    - Ti prego! – Lo interruppe posandogli una mano sul braccio.
    - Va bene. – Decise Mario chiudendo la gomma in un cassetto.


    4



    Il giorno dopo la gomma riapparve accanto all’album musicale e alle matite.
    - Eleonora, perché hai rimesso la gomma al suo posto?
    - Non l’ho nemmeno toccata!
    - Ma allora chi l’ha presa dal cassetto?
    - Non saprei. Nessuno ha accesso al laboratorio, solo io ho la chiave.
    Si guardarono perplessi.
    - La gomma è magica, liberatene. Chiediamo al prete come fare. Andiamo subito, non toccarla.
    Raggiunsero l’anticamera, poi ritornarono sui loro passi pensando fosse meglio portare al prete anche la gomma.
    - La chiesa è un luogo consacrato; magari, se è pervasa dalla magia nera, si disintegra. – Disse Eleonora.
    - Non è un vampiro. - Commentò Mario – Quanti film del genere hai visto?
    La ragazza non poté replicare, perché rimase sbigottita sulla soglia della stanzetta: un uomo stava usando velocemente la gomma sul pentagramma e molti fogli erano già ammucchiati sul pianoforte. Dal mantello che gli avvolgeva le spalle spuntava solo la mano destra e un cappello a larga tesa ne nascondeva il viso.
    - Da dove è entrato? – Sussurrò Eleonora indicando la finestra chiusa.
    - Non ha le gambe! – Mormorò Mario in tutta risposta.
    L’uomo si girò.
    - Zio Carlo?! – Esclamò la ragazza.
    - “Quello” zio Carlo? – Si informò Mario.
    Un largo sorriso si aprì sul viso dell’uomo.
    - Ero Carlo, - spiegò – ora sono solo un fantasma. La mia musica non è maledetta, né la gomma è preda della magia nera, non temete. La gomma era l’unico mezzo per farti scrivere la mia musica, Mario, non sono riuscito a incantare una matita, troppo faticoso.
    - Non voglio la sua musica, ma la mia! – Ribatté il ragazzo appena si riebbe.
    - Come noterai, ne ho fatto un insieme: non ho cancellato le tue note, solo inserito le mie.
    - E perché? Lei è un fantasma, torni nell’al di là!
    - Dovete aiutarmi, ragazzi. Come già sapete, mi sono suicidato e Lassù non gradiscono questi gesti. Appena arrivato mi hanno fatto un sacco di discorsi edificanti: la vita è sacra e bla bla bla. Poi mi hanno lasciato per un bel po’ inzuppato d’acqua, perché mi sono buttato a fiume, mezzo mangiato dai pesci e, per di più davanti a uno specchio. Non ero un bello spettacolo, ve l’assicuro, ma l’angelo a cui sono stato affidato sosteneva che meritassi anche quel castigo.
    Il fantasma abbassò gli occhi.
    - E le gambe? – Chiese Eleonora.
    - Non sono mai state ritrovate e Lassù mi hanno lasciato così, sempre per castigo. Un giorno il Capo mi ha convocato e mi ha fatto vedere cosa accadeva sulla Terra. Ho visto te, Mario, soffrire il freddo e la fame, scrivere e scrivere la musica; ho letto nei tuoi occhi la mia stessa disperazione.
    Mario mise un braccio attorno alle spalle di Eleonora:
    - Se non fosse stato per lei… - Disse.
    - Sì, - proseguì il fantasma – Eleonora, Lassù hanno apprezzato molto il tuo gesto.
    La ragazza sorrise.
    - Il Capo mi ha dato la possibilità di riscattare il mio insano gesto aiutandoti, ma senza intervenire apertamente, così ti ho dato questa gomma magica.
    - Io non voglio altra musica! – Ribadì Mario.
    - Il mio contributo ti permetterà di entrare al conservatorio e io sarò sciolto da ogni castigo. Potrò riavere le gambe, sarò in pace. Ti prego, aiutami!
    - Se rifiutassi?
    - Intanto non saresti buono, cosa da non sottovalutare, per quelli di Lassù e poi non so cosa direbbero del mio fallimento, l’ennesimo. Non valgo neanche da morto.
    Dal corpo del fantasma stillarono gocce d’acqua e un pesciolino uscì dal cappello.
    - Forse mi rigetteranno nel fiume, come pena eterna.
    Eleonora cominciò a piangere e guardò Mario supplichevole.
    - Io ti ho aiutato. – Mormorò.
    - E va bene! – Si arrese il giovane – Però ti citerò come coautore e dirò la verità.
    - No, non puoi svelarla, ti prenderanno per pazzo! – Gridarono all’unisono zio e nipote.
    - Non temete, non parlerò di fantasmi; dirò di aver trovato lo spartito del maestro Carlo tra i ricordi di una cara amica e di averne tratto un arrangiamento con la mia musica.
    Eleonora lo baciò sulla guancia.
    - Grazie. Lo smoking che ho in atelier, una volta adattato a te, ti farà sembrare un figurino. Meno male che un cliente non l’ha ritirato, perché questo tipo di abiti ha un costo elevato e, senza, non saresti ammesso all’audizione. Quelli a noleggio fanno pena.


    5



    La sinfonia dei due autori piacque molto ai giudici che apprezzarono l’originalità dell’arrangiamento e l’onestà del candidato di non essersi appropriato di note non sue.
    Il giorno in cui furono pubblicati i risultati, Mario corse da Eleonora.
    - Ho avuto il posto! – Gridò abbracciandola – A settembre comincerò la mia carriera di maestro al conservatorio.
    La strinse forte e la baciò, poi la trascinò davanti al pianoforte.
    - Speravo di vedere tuo zio per dirglielo.
    - Credo lo sappia già!
    Sul pianoforte, al posto della gomma, era apparso un giglio di fiume.


    *


    - Bravo, Carlo, - disse l’angelo affidatario – hai rimediato al grave errore di aver gettato via la tua vita. Il Capo è soddisfatto, anche se ti sei rivelato e sei intervenuto direttamente. Puoi raggiungere i tuoi colleghi, ora.
    Felice, Carlo camminò a passo spedito verso Giuseppe Verdi, Gioacchino Rossini e Pietro Mascagni.
    - Finalmente, maestro! – Esclamò Verdi prendendolo sottobraccio – Appena arriva Beethoven, sempre in ritardo e non ha scuse dato che qui non è più sordo, ci darai il tuo parere su una sinfonia che ci interessa parecchio.
    - E anche questa è fatta! – Esclamò l’angelo affidatario sdraiandosi su una nuvoletta e chiudendo le ali sopra di sé – Spero di riposarmi un po’ prima del prossimo arrivo.

    Edited by Ida59 - 12/10/2023, 21:11
     
    .
19 replies since 29/5/2023, 09:59   1323 views
  Share  
.