NON PIANGERO’ PIU’
(Anna Rita Borgonovi)
Avevo circa cinque o sei anni quando mi ripromisi di non piangere mai più né di chiedere perdono.
Quel giorno mamma mi ordino di prenderle due patate; ubbidii alla lettera, anche se sapevo che gliene sarebbero servite molte di più: infatti quando vide che ne avevo portato solo due si arrabbiò, mi sgridò e mi picchiò.
Pentita del mio comportamento, piangendo l’abbracciai chiedendole perdono e promettendole che non l’avrei più fatto.
Nella mia ingenuità speravo di intenerirla e che ricambiasse l'abbraccio; invece era troppo infuriata e rimase immobile, rigida come un pezzo di legno.
Smisi di piangere, lasciai cadere le braccia e, guardandola dritta negli occhi, giurai a me stessa che non avrei mai più dato a nessuno, soprattutto a lei, la soddisfazione di vedermi piangere né tanto meno di chiedere perdono.
Col tempo dimenticai il giuramento, ma non mi capitò più di piangere; spesso mi chiedevo il perché, rendendomi conto che se avessi dato sfogo alle lacrime poi sarei stata meglio.
Divenni donna: mi sposai, nacquero i miei figli e la vita trascorse divisa tra momenti sereni e lunghi periodi di inquietudine.
Una sera, dopo l’ennesima discussione, mentre mio marito si preparava a uscire come se niente fosse, frustrata e stanca di litigate che non portavano a niente, lo rincorsi e lo raggiunsi sulle scale di casa; lo abbracciai, piangendo gli chiesi di rimanere con me, di parlare ancora per trovare un appianamento alle nostre divergenze. Gli dicevo che lo amavo, gli chiedevo di perdonarmi e gli promettevo che sarei cambiata pur di riuscire ad avere un rapporto migliore.
Mi guardò, e un sorriso ostile illuminò il suo viso, compiaciuto del potere che aveva su di me; con una mano mi scansò e dicendomi “Devo uscire” mi voltò le spalle e se ne andò.
Rimasi ferma sul gradino con un immenso senso di sconfitta: era tutto finito.
In quel momento rividi me stessa bambina, bisognosa di affetto: mi resi conto ancora una volta che chi avrebbe dovuto amarmi, mi aveva invece chiuso la porta in faccia.
Telefonai a un amico in cerca di una parola di consolazione che non sarebbe bastata: ero troppo delusa per la mia debolezza.
Passai la notte in bianco. Il mattino successivo, mio marito si comportò normalmente: bevve il suo caffè, mi salutò come sempre, non fece alcun cenno agli avvenimenti della sera precedente. Per lui era tutto passato e la vita riprese con la sua routine.
Questa mattina, appena sveglia, il ricordo del giuramento fatto da bambina si riaffaccia alla mente. Domenica scorsa ho assistito a una situazione che mi ha disturbato psicologicamente più del dovuto: per una diatriba con la direzione, i volontari della cas...
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