Sviluppare il

Esercizi suggeriti da Bonifacci per sviluppare le caratteristiche del talento che sembrano più “innate” e quindi meno adatte a essere sviluppate con l’esercizio.
Capacità di avere idee belle, e di averne molte.
In due, uno dice una parola, l’altro ci costruisce sopra una piccola storia in 2-3 minuti. Durata totale dell'esercizio (in due): 1 ora.
Da soli, si prende una parola a caso e si costruisce mezza pagina di racconto al volo.

Ho provato ad assegnare l’esercizio agli allievi del mio corso di Scrittura creativa (quello on-line e quello tradizionale) e c’è stato un discreto seguito: in particolare, durante il saggio di fine anno dell’Unitre abbiamo letto i componimenti scritti dagli allievi ottenendo un buon successo di pubblico.
Volete provare anche voi a esercitare l’immaginazione?
Le parole utilizzate nei precedenti esperimenti sono:
- calcio (in qualunque significato della parola: il gioco del calcio, un calcio in faccia o nel sedere, un calcio-sgambetto, il calcio quale sale minerale o elemento chimico, ma anche espressioni idiomatiche – o magari da voi inventate - che contengano la parola calcio. [vedi Dizionario dei modi di dire] A voi la scelta);
- Decamerone (questa è difficile, ma un allievo ha utilizzato il termine, con riferimento ad una vecchia edizione consumata del libro, in modo davvero originale);
- fuoco (valgono anche plurali e sinonimi: fiamme, vampe, falò, rogo, incendio, pira, brace, insomma, tutto ciò che ha a che fare col concetto di fuoco; vanno bene anche le espressioni e modi di dire che contengono la parola fuoco: tipo fare fuoco, fuoco di paglia, scherzare col fuoco [vedi Dizionario dei modi di dire])
Chi vuole partecipare all'esperimento può usare la sezione I vostri scritti e aprire una sua discussione per pubblicare il testo. Ricordate di indicare nella descrizione che si tratta di un “esercizio per migliorare il talento”.
Vi ricordo che per aprire discussioni sul blog dovete avere un account su blogfree.net ed essere loggati.

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“Date parole al dolore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi” – Shakespeare (Machbeth, atto IV, scena III)


Lo scrittore e le sue emozioni nella storia

Non si deve scrivere su qualcosa che crediamo di aver capito meglio, qualcosa che può piacere al pubblico o affascinare i critici. Non bisogna scrivere per seguire le mode del momento, né per combatterle. Non bisogna correre dietro agli argomenti di attualità. Nemmeno esplorare nuovi linguaggi o trattare importanti temi sociali.
Secondo Schrader(1) bisogna scrivere su “qualcosa che ci disturba”. Bisogna mettere le dita sui nostri nervi scoperti e avere il coraggio di entrare nella nostra, personale “area di pericolo”, conclude Bonifacci nel suo corso on line.
La capacità di affrontare ciò che ci disturba è uno dei tratti principali del talento.
[...]
A un livello più elevato esiste il metodo del “trapianto emozionale”.
Dostoevskij non ha mai ammazzato nessuno, tuttavia Delitto e Castigo è uno dei più straordinari viaggi compiuti dentro la mente di un assassino. Ma come fa il non-assassino Dostoevskij a conoscere quelle emozioni meglio di chi le ha provate e a raccontarci ciò che accade dentro la mente e i nervi di un giovane assassino?
[…]
Questa capacità è talento a un livello più alto. Anziché “strapparsi dal cuore” le proprie emozioni per trasferirle sulla pagina, lo scrittore sa usarle come strumenti per indagare la condizione umana. Usa il proprio senso di colpa, per inventare altri sensi di colpa.
[...]
Ritengo che il “trapianto emozionale” sia la chiave con cui raccontare altre vite attraverso noi stessi. Ė ciò che caratterizza il mestiere di raccontare storie. E’ la magia della scrittura. Basta non avere paura del proprio mondo emozionale: dentro di noi c’è tutto quello che serve.
La scrittura è una forma di svelamento di se stessi agli altri e anche a se stessi. Chi scrive, racconta di sé agli altri (quindi si rivela) e nello stesso tempo capisce molto di sé lasciando che la trama narrativa viaggi per mezzo della scrittura.

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Trapianto emozionale

Pensate a un accadimento della vostra vita che porta con sé un forte carico di emozioni, positive o negative che siano, belle o brutte da ricordare. Di solito gli aspetti dolorosi si ricordano meglio, proprio perché fanno ancora male. In ogni caso, deve essere qualcosa che esca dalla routine e che ricordate vividamente.
Ritornate all’emozione e provate a descriverla su carta, in terza persona, come parlando di qualcun altro. Scrivete 10-20 righe al massimo. Non soffermatevi su gesti e parole: cercate di descrivere e trasmettere l’essenza dell’emozione in sé, il suo nucleo più forte e vero.
[...]
Sganciatevi dai ricordi e provate a inventare un personaggio e una storia partendo da quell'emozione. In qualche personaggio potrebbe essere il tratto dominante? Quale storia potrebbe stimolarla e farla uscire in modo sempre più forte? Quali ostacoli la trama deve porre al personaggio perché l’emozione si sviluppi? Qual è il modo migliore per far provare l’emozione al personaggio e, grazie al suo tramite, anche al lettore?

Questo esercizio l’ho fatto in modo inconscio, senza rendermi conto di effettuare il trapianto emozionale di qualcosa che mi aveva fatto soffrire molto, facendomi altresì sentire profondamente in colpa. Era un dolore molto fresco, un senso di colpa che pulsava subdolo dentro di me. Il risultato è stato
“Ritorno alla vita” (il titolo non è messo a caso), una lunga fanfiction a capitoli. Ovviamente ci sono anche molte altre cose in quella storia, ma i capitoli 11 (Assassino), 16 (Lacrime di un Angelo) e 19 (Rinascita) contengono dei pregnanti esempi di “trasporto emozionale”. Attenzione, si tratta di una fiction VM18: se volete leggerla seguite queste istruzioni.
[...]
Vi assicuro che un po' della vostra sofferenza rimarrà lì, sulla carta e dentro il personaggio. Più volte ripeterete l’esercizio, trasferendo l’emozione, più il dolore diminuirà, finché un bel giorno vi troverete "guariti", grazie alla scrittura e al transfert emotivo. Ricorderete ancora, ma non soffrirete più, perché qualcuno ha “sofferto la vostra sofferenza”. O, per lo meno, questo è ciò che è accaduto a me (leggi QUI).

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