NOZZE MEDIEVALI
(Anna Rita Borgonovi)

E in fine è arrivato il grande giorno.
A nulla sono valse le mie proteste, sono innamorata di un bel giovane, desidererei accasarmi con lui, ma non ho avuto nessun potere decisionale quando mio padre ha deciso di darmi in sposa. Non valgo niente; sono solo la parte principale dell’accordo stipulato tra due dinastie per aumentare il potere nel territorio e ambire a un ulteriore riconoscimento da parte della signoria regnante.
Domani, trasferendomi nella casa del mio sposo, la mia vita cambierà radicalmente.
Vivrò in un ambiente sconosciuto, senza disporre della facoltà di gestire la nuova dimora.
La vita del castello scorrerà senza alcun cambiamento: la cognata nubile manterrà il ruolo di castellana; a me, troppo giovane e inesperta, spetterà solo quello di dare un erede alla dinastia, possibilmente maschio. Le mie giornate trascorreranno in una noia mortale, non potrò più godere nemmeno della poca libertà concessami nella casa paterna.
Nei mesi precedenti il matrimonio, mia madre aveva passato ore e ore a istruirmi su come comportarmi una volta sposata.
Avrei detto addio alla mia fanciullezza, per agire qualsiasi cosa sarebbe servito il permesso di mio marito o di sua sorella. Mi solleticava a mettere da parte l’orgoglio, a evitare scontri verbali, a essere sottomessa al fine di scongiurare ritorsioni per la mia arroganza.
Ho visto il mio promesso sposo una volta sola, in occasione della festa di fidanzamento. Osservandolo attentamente notai che, nonostante l’età, era un uomo di bell’aspetto, alto, con spalle vigorose, viso interessante, occhi glaciali.
Lo sguardo posato sul mio viso pareva dicesse: “Sei una puledrina selvaggia, per questo mi piaci, non ti preoccupare, saprò domarti, diventerai mansueta e ubbidiente come si addice alla moglie di un feudatario”.
Vinsi il desiderio di fuggire, il mio ceto mi imponeva di rimanere, non abbassai gli occhi che rimasero fissi nei suoi finché non si girò dall’altra parte.
Con un bel sorriso di circostanza, sono rimasta al suo fianco per tutto il tempo della cerimonia.
L’indomani la mia vita tornò a scorrere normalmente, avevo ancora tempo per essere spensierata. Desideravo sposarmi in primavera, nel grande giardino tra fiori, canti di uccellini, la brezza del venticello gagliardo che scompiglia le chiome e sul vestito il ricamo di un fascio di gigli bianchi; a tutto il resto ci avrebbe pensato mia madre.
I giorni scorrevano veloci, la data si avvicinava, ero presa dalla smania di andare, fuggire via lontano, forse anche di morire.
Mi lasciavano libera ed io ne approfittavo per fare lunghe cavalcate nei boschi di cui conoscevo ogni angolo, radura, ruscelletto, avvallamento. Sapevo dove trovare il tappeto di ciclamini, i funghi e il muschio su cui sedermi, stendermi con la faccia r...

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