Ricordo dell’Isola Verde
(Sri Lanka – febbraio 1996)
Il pullman rallenta sobbalzando piano sulla strada sconnessa.
L’autista scala la marcia in vista della salita.
In poche ore di viaggio il nastro d’asfalto che si arrampica sulla montagna ci porterà in mezzo alle verdi e sterminate distese delle coltivazioni di tè.
Mi sistemo meglio nel mio posto con lo schienale reclinato: siamo partiti presto stamattina e adesso il sonno bussa, esigendo il suo tributo di ore.
Dai grandi finestrini la luce del mattino ancora non ha l’intensità che sa raggiungere entro il primo pomeriggio e questo mi permette di guardare il mondo che dipana la sua storia al di là del vetro.
Nei giorni passati ho potuto osservare la vita quotidiana di questo dolce paese, vissuta in modo completamente diverso dal mio.
Scene normali, eppure così speciali ai miei occhi.
Capannelli di donne in abiti coloratissimi che chiacchierano e ridono, carretti colmi di merce di ogni tipo trascinati da cavalli smunti, un mercato composto da bancarelle infinite stracolmo di persone che discutono, scherzano e contrattano, bimbi corrono scalzi per strada rincorrendo un anello di metallo, cani randagi del colore della terra che si azzuffano per bere dalla stessa pozza di acqua stagnante, banani che muovono le frasche verde brillante alla timida brezza mattutina, profumo di spezie che impregna l'aria,
tintinnare di mille campanelli del tempio buddista, immerso in un silenzio mistico.
Adesso ci fermiamo davanti a una schiera di basse case dai tetti di lamiera, i muri di mille colori scrostati e nuovi, una affiancata all'altra, con all'ingresso piccoli giardini selvaggi e lussureggianti, lunghi e stretti.
Quasi un quartiere residenziale se paragonato alla caotica vitalità del centro appena sorpassato.
Il pullman si è fermato per lasciare passare la fila di monaci vestiti della tunica tra il marrone e il bordeaux che, composti e in fila, si recano alla questua mattutina.
Torno con gli occhi ad accarezzare le casette, così semplici eppure così adatte al panorama pieno di una vegetazione con infinite sfumature di verde, stracolmo di fiori esotici e variopinti.
Un alito di vento mi porta il profumo dolciastro del frangipani misto ad un soffritto di curry, pronto per la colazione.
Vago con lo sguardo sulle magnifiche cromie che si stagliano contro il celeste luminoso del cielo senza nubi.
Sul portico di una casetta un uomo anziano è seduto su una sedia improvvisata.
Il viso magro è una ragnatela di fitte rughe, ha la pelle ambrata e gli occhi, neri e profondi, che mi fissano.
Attraverso il vetro due mondi si guardano.
Mi sento a disagio: sto spiando un momento privato, mi sto intromet...
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