CONDITIO SINE QUA NON
Capitolo 2

AGOSTO, SETTEMBRE, OTTOBRE, E ALTRI MESI.
- Professore, professore, mi sente? Dia un cenno.
Certo, ti sento! Maledetta voce sconosciuta, ma non riesco a parlare. Sono incapace di risponderti, non so più come si fa.
Aiuto. È tutto offuscato. Mi gira la testa, ho un ronzio nelle orecchie. Sono immerso in un quasi nulla.
Ho immagazzinato solo l’ultimo ricordo: l’ho bene in mente la coppia di fulmini che mi sfiorano mentre, come Cristo, ero annichilito alla mercé della bufera.
Mi pare ancora di subire le stilettate su ogni parte del corpo investito da trame di energia, causandomi uno shock diffuso.
A ogni risveglio mi tormenta il martirio della pelle che tira, martellano le unghie, ho nevralgie acute ai denti, pulsano le tempie: è come un salire verso un’infernale condizione di coscienza, e tutto il subconscio m’induce al benessere dello svenimento.
Mi desto pieno della lanugine dei deliri, e afferro brandelli di realtà, ma non sono certo siano effettivi.
È un’allucinazione l’immagine in cui paio sorretto da un’energia potente, afferrante, sovrastante, scosso in ogni direzione, levitato, e senza appoggi sballottato con furia indicibile?
Credo di gridare, ma il frastuono nelle orecchie mi intasa, allora urlo dentro, pronto a esplodere.
Mi spingo verso il chiarore esterno afferrando appigli, sgiungo la forma finché diventa una spirale tridimensionale concentrica dai colori ambigui, abbagliato da sprazzi scintillanti, ma che so non esistere, fino a uscire dal foro, sgomitando, per poi constatare che è un rinvenimento momentaneo, pieno di suoni coerenti, ma nel quale soffro il dolore acuto della restituzione alla percezione.
- Professore mi sente?
Certo, ti ascolto, ma sono stanco di lottare; voce che mi parli, fammi ritornare al torpore, ti prego.
Lo stato è di semi incoscienza, abulico, avverto a malapena lo scorrere del tempo.
Giorno e notte si avvicendano nella più assoluta indifferenza.
Ogni volta in cui risalgo alla vita reale, ho lo sbigottimento di una costante alienazione.
Nella confusione dei momenti lucidi, la mente è sbalordita della confluenza contemporanea di tutto ciò che ho appreso con lo studio, e anche di più.
Mi perdo nelle formule della Fisica: il tubo dei venturi giunge a tormentarmi, asfissiato dalla variazione di entropia in un’isocora reversibile di un gas perfetto, e la temperatura dell’equilibrio termico si rarefà fluidamente.
Speculo in radici quadrate. Sono travolto dal moto perpetuo.
La forma esponenziale di un numero complesso mi affolla la mente, ed è libera di setacciare astrazioni.
Intuisco i medici e le infermiere mentre si alternano senza sosta. Vorrei riposare, ma non me lo permettono....

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