8/03/2014
A mio zio Gianni
Caro zio Gianni
Ti rivedo in una notte lontana in cui, agitato, percorrevi a grandi passi lo spazio della camera da letto e mio papà cercava di calmarti.
Per un certo periodo, sei venuto ad abitare da noi in campagna.
Mio papà ti chiamava “Marconi” perché con due pali sistemati sui comignoli del tetto collegati con un filo avevi costruito l’antenna che gli permetteva, con l’uso di cuffie ,di ascoltare tutti i giorni ad orari stabiliti, il giornale radio così da essere informato sugli eventi che succedevano nel mondo..
Una volta con la mamma siamo venute a trovarti a Genova. Non eri a casa. L’appartamento era spoglio: ricordo solo un lettino ed un jukebox, che probabilmente era lì per essere aggiustato: era uno dei tuoi lavori.
Ho conosciuto la tua fidanzata, una bella ragazza.
Di te non ho altre notizie se non che ad un certo punto della tua vita hai deciso di suicidarsi.
Non stavi bene, per questo eri stato ricoverato in manicomio. A quell’epoca i problemi mentali venivano curati anche con l’elettroshock ed è per questo motivo che la mamma deve aver firmato per farti dimettere e riportarti a casa.
Non eri guarito e una sera, mentre la mamma era a casa della nonna, ti sei allontanato, sei andato in un’altra stanza e ti sei buttato dalla finestra.
Dopo un’agonia di qualche giorno te ne sei andato.
Della tua morta sono stata informata da mia sorella che mi rincuorava dicendomi di non piangere perché eri volato in paradiso insieme a Gesù.
Quante volte ho pensato di buttarmi anch’io dalla finestra per venire con te in paradiso.
La zia Elsa, parlando della sua gioventù, qualche volta mi ha parlato anche di te descrivendoti come una persona soggetta a eccessi d’ira in cui perdevi il controllo e diventavi violento.
Ti giustificava dicendo che dipendeva dalla malattia.
Ora mi domando se quando sono venuta a casa tua a Genova, eri già in ospedale.
Ero piccolina, quando sei morto avevo solo cinque anni e i ricordi sono frammentati, mi sei mancato tanto avrei voluto trascorrere molto più tempo in tua compagnia: te ne sei andato troppo presto.
La nonna raccontava che eri un dormiglione e facevi fatica svegliarti per andare al lavoro. Per questo motivi avevi collegato uno strano marchingegno alla sveglia che non smetteva di suonare finchè non ti fossi alzato.
Avevi studiato per corrispondenza diplomandoti alla scuola Radio Elettra di Torino.
La nonna spiegava che la causa del tuo malessere era dovuta ad una caduta avvenuta quando eri ancora piccolo e che battendo la testa, si era formato un grumo di sangue mai disciolto, la zia invece parlava di un tumore alla testa, la mamma non ha mai detto niente, anzi, dopo la tua morte, non ha più parla...
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